TUTTO È EVENTO
Quest’anno vorrei cominciare la presentazione in modo
anomalo: dai ringraziamenti. Il ringraziamento va a voi, qui presenti, ed è un
ringraziamento di cuore e che deriva da una riflessione che ho fatto qualche
settimana fa. Perché vedete, tutto, al giorno d’oggi, è spettacolo. Tutto è evento. Tutti abbiamo qualcosa che ci
appassiona e che, prima o poi, vogliamo mostrare, esibire, condividere.
Vendere, anche.
È questo un fenomeno accentuato dall’avvento di internet e
dalla diffusione dei social network, Facebook in particolare, che è il maggiore
e quello che non a caso io stesso ho usato per invitarvi (forse con una leggera
insistenza negli ultimi giorni, motivo per cui chiedo scusa…) Ecco, io, ad
esempio, ho due-trecento amici su Facebook. Conosco gente che ne ha
cinquecento, mille, anche di più (io sono socialmente poco “conosciuto”),
quindi il discorso che andrò a fare sarà moltiplicato nel loro caso. Ebbene, tra gli amici ho altri scrittori emergenti come me, ma ho anche ballerini,
cantanti, musicisti, attori, fotografi, truccatrici, modelle, sportivi,
politici. E tutti, prima o poi, arrivano ad avere un evento da condividere e a
cui mi invitano. Così, nel mio piccolo, ricevo due, tre, cinque inviti ogni
settimana.
Non sto criticando questa pratica, anzi, e più avanti lo
spiegherò meglio. Sto semplicemente registrando un dato di fatto. E lo sto
usando per porvi i miei ringraziamenti. Perché sono certo che oggi ognuno di
voi avrebbe potuto dedicare questa ora o poco più a mille altre attività,
avrebbe potuto rispondere all’invito di altri amici. Invece avete scelto di
venire da me, di vivere assieme a me l’ennesima piccola grande soddisfazione in
questo percorso che, da quattro anni ormai, mi vede giocare a fare lo
scrittore. Voi, come dico sempre, siete la vera ricompensa al mio lavoro. E
ancora una volta voglio darvene atto, prima di cominciare a parlare di tutto il
resto.
Voi siete l’unica cosa che davvero conta!
Dal momento che ho iniziato dai ringraziamenti, vorrei
concludere con la prefazione. Proprio nella prefazione a “Il segreto di Malun”,
infatti, faccio una confessione, sia a chi vorrà leggere il libro che a me
stesso. La prefazione è stata scritta circa un mese prima della pubblicazione, prima di mandare la versione definitiva all’editore. E per la prima
volta, senza pensarci, scrivendo ho ammesso a me stesso che la mia vena
creativa aveva subito un forte rallentamento, diciamo pure uno stop.
A dicembre 2013 ho finito l’esperienza di Alethya, avendo
concluso la scrittura del terzo volume. A gennaio mi sono dedicato ad un
racconto lungo, che mi ha riportato alle mie origini thriller/horror e che
ritengo un buon lavoro da poter pubblicare, un giorno. Poi mi sono buttato a
capo chino sul nuovo romanzo, un thriller molto particolare che, all’inizio, mi
ha assorbito e del quale ho scritto oltre cento pagine in due mesi. Ma è
successo qualcosa. Notavo che la voglia di scrivere era sempre meno e che anche
la qualità della scrittura stava calando. Inizialmente davo la colpa al cambio
di genere e di stile, poi ho pensato che una certa influenza fosse giocata dal
nuovo lavoro e dal conseguente cambio di ritmi e abitudini. Fatto sta che per
tutta l’estate non ho praticamente scritto nulla, ma è stato proprio con la
prefazione al nuovo libro che ho messo questo problema nero su bianco, anche
con me stesso.
Una settimana dopo aver scritto quelle parole mi
sono arrivati i volumi stampati del romanzo ed è scattata una molla, una
scintilla, la stessa che si accende ogni volta che vedo il frutto del mio
lavoro tradotto in un libro vero e proprio. Così mi sono detto che non potevo
lasciare che la passione scivolasse via da me… e una sera, anziché stare
davanti alla TV, mi sono letteralmente imposto di sedermi davanti al computer e
scrivere. Sono rimasto lì un’oretta e ho scritto una sola pagina ed era
orribile: ma avevo ricominciato. La sera dopo mi sono obbligato a ripetere
l’esperienza e così le sere dopo ancora. Oggi, a due settimane di distanza,
posso affermare ufficialmente che ho ripreso a scrivere a pieno regime, che il
romanzo nuovo avrà una sua conclusione e che non ho mollato!
E ho fatto una nuova riflessione. Per il 90% del nostro tempo noi ci
sacrifichiamo, mettiamo la nostra energia e il nostro impegno per fare qualcosa
che siamo costretti a fare: il lavoro. Perché non dovremmo fare gli stessi
sacrifici per qualcosa in cui crediamo, che ci appassiona? Allora,
ricollegandomi a quanto dicevo all’inizio, ben venga che tutti abbiamo una
passione da condividere, perché vuol dire che non lasciamo che il lavoro ci
sottragga la voglia di impegnare il tempo libero che ci resta con qualcosa di
produttivo!
Ci lamentiamo spesso della crisi culturale del nostro paese
e anche della nostra nazione in generale. È giusto aspettarsi che le istituzioni
facciano la loro parte, ma sono anche convinto che se ognuno di noi, nel suo
piccolo, continua a coltivare le proprie passioni e a renderle disponibili alla
comunità, alla fine il sottobosco culturale continuerà a brulicare e a
crescere. Io faccio la mia parte con i miei libri, altri con la musica, la
danza, i lavoretti fai da te e quant’altro. Questo è il messaggio che vorrei
lasciare oggi: non è importante che io scriva e venda i miei libri; è
importante che io, come ognuno di voi, scelga di rendere la mia vita più
interessante e aggiunga così valore al mondo in cui viviamo!
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