Lo scorso sabato mattina mi è
suonata la sveglia alle sette, come quando vado al lavoro, per portare mio
figlio a scuola. Quel giorno toccava a mia moglie accompagnarlo, quindi, dopo
averlo salutato, ho ripreso a dormire fino alle nove. Il giorno dopo eravamo
tutti a casa, nessuna sveglia ci ha disturbato e mi sono svegliato sempre
intorno alle nove. A parità di orario di risveglio, però, domenica mi sentivo
meno riposato e, in generale, meno soddisfatto. Perché?
L’unica differenza tra le due mattine era, ovviamente,
la breve interruzione della sveglia. Che cosa, dunque, poteva aver agito sul
mio umore e sul mio fisico nei pochi minuti in cui mio figlio e mia moglie si
alzavano per andare a scuola? L’episodio era analogo a quelle occasioni in cui
ci si sveglia per caso nel cuore della notte e, consultato l’orario, si scopre
di avere ancora a disposizione qualche ora di sonno. In effetti, la sensazione
che si prova nell’istante in cui questa consapevolezza si palesa è
rinvigorente, appagante, corroborante, quasi più del sonno in sé.
Non c’è alcun dubbio, dunque, che riposare a lungo
dia meno soddisfazione del riposare rendendosi conto di farlo. E solo la
paura di doversi alzare, seguita dalla scoperta di poter rimandare, porta a
questa presa di coscienza. In altre parole, il raggiungimento di uno stato
gioioso comporta il passaggio per il malessere, il disappunto, che sono il suo
esatto opposto. In tutto questo io vedo la metafora e la sintesi di una vita
davvero piena e felice.
Troppo spesso ci lamentiamo di ciò che di brutto ci
accade. Abbiamo da ridire sulle disavventure, sulle tragedie, sulle prove che
la vita ci sottopone, sulla monotonia e sulla noia di certi periodi, sulla
mancata realizzazione dei nostri progetti, sulle persone che la pensano diversamente
da noi. Ma come sarebbe la nostra vita senza questi termini di confronto
negativi, senza queste “sveglie” che interrompono momentaneamente il nostro
sonno?
Ipotizziamo di vivere un’esistenza senza alti e bassi,
sempre al top, circondati da persone che la pensano come noi e contribuiscono
solo al nostro benessere. Ci verrebbe da pensare che saremmo sempre
perfettamente felici, ma ciò non equivale a dire che non lo saremmo mai? Che
cosa ci darebbe il punto di riferimento, il livello zero per impostare il metro
di giudizio? Seguendo la metafora iniziale, che cosa ci informerebbe, se
mancasse la fastidiosa sveglia, che stiamo dormendo beatamente?
Per quanto mi riguarda, ho imparato anni fa, quando
in qualche modo ho voluto voltare pagina rispetto al pessimismo che ha
caratterizzato la mia adolescenza, a prendere i problemi e gli episodi negativi
come opportunità. Ne ho tratto sicurezza e gioia di vivere e queste mi hanno
portato profonde soddisfazioni. Ma la strada è sempre lunga e costellata di
ostacoli e le esperienze ci arricchiscono e plasmano di continuo, perciò ben
vengano riconferme come quella che, dal nulla, è emersa grazie al semplice
suono di una sveglia!
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